Tutte le firmiane hanno il tronco con del verde
(uniforme o a righe secondo grossezza),
tutte hanno grandi foglie simili a quelle del platano
che formano un ombrello, dispensatore di ombra profonda
(è tutto già nei nomi: platanifolia, parasol tree)
Tutte hanno dei graziosi frutti a barca
capaci di galleggiare ma anche di volare
con tanti piccoli semi sul bordo, palline grinzose…
Ma se ti fermi a questi caratteri comuni
offendi l’albero che ti sta di fronte.
A me non farebbe piacere se qualcuno dicesse:
“Eccovi un esemplare di Homo sapiens sapiens
un esemplare qualunque (e pure un po’ malriuscito)
due occhi, un naso, una bocca…”
No, non così, un albero è un individuo, kazzo!
con i suoi caratteri particolari, unici,
proprio come noi umani, ma anche come
gatti, scoiattoli, cornacchie…
Così pure questo caduto di cui mi appresto a pronunciar l’elogio.
Sul tronco in alto, una cerchia di occhi di legno
ti guardavano fissi
“occhiacci di legno perché mi guardate” – ricordi Pinocchio?
(in realtà cicatrici di vecchi rami)
Poco più sopra due grossi rami partivan verso il cielo
ma alla stessa altezza
un’enorme cicatrice tutta coperta di muschio
ricordava che un tempo i grandi rami eran tre
(una struttura sicuramente più stabile;
forse con i tre rami sarebbe ancora fra noi)
Dei due rami rimasti uno andava su dritto
su su su altissimo, perfetta forma cilindrica
come ciminiera di fabbrica antica.
L’altro invece che si protendeva obliquo in avanti
aveva sezione smaccatamente ellittica
“Dipende dagli stress che deve sopportare quel ramo
più esposto alle intemperie; ha bisogno di rinforzi speciali
ma la pianta sparagnina non li mette su tutta la circonferenza
solo dove servono, l’albero sa quel che fa”
così diceve il grande Klaus Mattheck
specialista di meccanica arborea. Non solo:
“Là dove quel ramo si inserisce sul tronco
è il punto più fragile, occorron rinforzi speciali”
– così ancora Mattheck, ma a noi possono sorgere altri pensieri:
(avrei detto un tempo “a noi maschi”
ma oggi che la sessualità è più libera…)
In quel punto delicato il legno diventa carne
morbide rotondità e pieghe sensuali – immagina l’ascella di una ragazza…
Caldo liscio e morbido lo penseresti…- e invece è duro e freddo
Com’è fredda la scorza di quest’albero! (se ne accorse tanti anni fa
una tattile attrice che vagava per l’orto)
Già, la scorza, la scorza… – ma quella non è comune
a tutte le firmiane di questo mondo? però… ne sei proprio sicuro? e allor nel dubbio anche di quella parliamo.
Stai attento però, quella scorza è un paesaggio,
nel quale rischi di fare un viaggio lunghissimo
non sapendo se mai riuscirai ad uscirne…
Quanti segni misteriosi su quella scorza, e ognuno avrà la
sua piccola storia
si sarà originato in quel punto, proprio in quel punto
per una causa definita, per quanto piccola.
Quei segni sono la storia della vita dell’albero.
Sui grandi rami un verde grigio di fondo
come… come… come… come che cosa?
non mi viene in mente nessun paragone
Un verde grigio in cui viaggiano verticali
tanti brevi fiumi un poco sinuosi
verdebrillante con sponde di un verde più scuro.
Ma a un certo punto il bel fiume sprofonda
sotto una strana struttura brunonerastra, rombica
fatta di tanti strati sottili
Nel basso tronco questi rombi si fondono insieme, dilagano
rubano spazio al verde…
Tu che sei stato tante volte in orto
ogni volta che passerai da quel vuoto, ricorda.
Ma tu che ci vieni la prima volta
guarda la firmiana piccola nel vialetto,
semplice stecco verde, gran ciuffo di foglie in cima,
e se poi tornerai negli anni futuri
vedrai l’assalto dei rombetti malefici
che si ingrandiranno, si fonderanno fra loro
ingloberanno il verde
sinché la base del tronco sarà tutta grigioneutro
color della triste serietà degli adulti.
Claudio Longo